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Tempesta, il veliero sta andando in pezzi.
È la notte dei due pleniluni, ma con questo tempaccio non ci si può godere l'incantevole vista delle due lune rivali affrontarsi in cielo.
No, noi siamo qui sotto, condannati a soffrire sotto questa maleodorante pioggia di sabbia. Ah, cosa darei per un po' di rum. Anche dell'acqua andrebbe bene. O anche del chai, al limite. Guardo il pendaglio che ho al collo, una strana bussola rotta di ferro che mi porto appresso da che ho memoria, e me la rigiro tra le dita. Il punto è che da cinque giorni l'uragano arido ci insegue senza tregua, e l'equipaggio è sfinito. Questa catapecchia sta diventando sempre più pesante sotto il peso della sabbia che si accumula in ogni angolo, non ci si può fermare neanche un attimo di riempire secchi e vuotarli fuoribordo; persino Jo-Lang il Cinoceronte è sfinito, la maggior parte di loro vanno avanti per inerzia, gusci vuoti che eseguono gesti freddi e meccanici, senza chiedersi se ne valga la pena.
Per quanto riguarda me... be', dovrei essere sul ponte a guidare questa carcassa di legno senza speranza, ma se nessuno è venuto a chiamarmi da quando mi sono rinchiuso qui a farmi i fatti miei vuol dire che non sono poi così utile, no?
"MotMot!"
Come non detto.
"MOTMOOOOT!!!"
"Arrivo!" urlo, ma non mi sentono, il fragore dei miliardi di granelli di sabbia rossa contro il legno del ponte è assordante.
"MotMot, Diego il timoniere è ferito, ti vuole il capitano!!"
"Ho capito, ho capito!" dico scocciato mentre mi infilo un cappello ed esco dalla mia stanza.
Fuori mi aspettava Lauro Barbalegno seduto su una botte intento a ripulirsi la barba dalla sabbia. La sua voce mi era sembrata molto più preoccupata di quello che invece appare lui stesso, pigro nullafacente quasi quanto me.
"Avresti proprio dovuto vederlo" dice egli ridacchiando.
"Di cosa stai parlando?"
"Diego" risponde appagato, "deve aver mangiato tanta di quella sabbia... Quando l'hanno portato dal medico pesava come una botte di dinamite, parola mia!"
Ignorandolo, mi chiudo bene il cappotto ed esco.
Fuori è l'inferno: dal cielo cadono grumi di sabbia sempre più grossi e compatti e il ponte è ridotto a un colabrodo. Non c'è nulla, né una vela, né una cima, nulla di nulla che sia in buono stato. Non che prima della tempesta fosse tutto nuovo di pacca, anzi.
Avanzo a fatica verso il timone, dove mi attende il capitano, stizzito.
"Dov'eri finito, sottospecie di navigatore guasto?!"
È sempre gentile con tutti, il capitano, ed è fastidioso che nessuno sappia il suo nome.
"Preferirei stare sottocoperta, signore" gli dico io, provocandolo di proposito. "Si va a nord, no? Verso la X sulla mappa, non servo a nulla io!"
Il capitano è furente, ma per qualche ignota ragione mantiene la calma e indica in alto con la sua mano senza pollice. "Grumo di sale è finito in mare, devi fare tu da vedetta"
"Lassù?" dico, svogliato, "Volete scherzare!"
Ma il capitano non scherza, l'indice puntato alla coffa, gli occhi a fessura e la sciabola nell'altra mano.
Non ho scelta: mi arrampico su per le sartìe, gli occhi chiusi e i denti stretti, respirando come un bulldog inglese ad una maratona; quando infine giungo alla gabbia della vedetta, mi accorgo di essere sprovvisto di cannocchiale.
"Poco importa" mi dico, "Non si vede nulla."
Resto seduto contro l'albero e ignoro le richieste che il capitano mi continua ad urlare, finché non la vedo.
È stato un attimo, non so neanche dire se l'abbia vista davvero o se sia stata una strana allucinazione. Eppure era lì, spavalda e splendente, l'Isola-cocco, il posto sognato da chiunque vada per mare, ma è sparita. Non credo fosse reale.
Subito penso alla mia prima ciurma, Capitan Poppa, Bellammiraglio e tutti gli altri, memorie perse nei flutti del tempo. Staranno bene? Andranno ancora per mare o si saranno rassegnati al tedio della vita sulla terraferma?
Mentre vago nei miei ricordi mi pare di scorgere qualcosa, un piccolo puntino nero che si dirige verso la nostra nave, dritto verso di noi nonostante le onde di fango alte due volte l'albero maestro. Mi sporgo per vedere meglio, quando una botta tremenda sulla nuca mi fa perdere l'equilibrio, facendomi cadere fuori dalla coffa.

[continua...]

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